giovedì 9 luglio 2009

Di cielo, ti terra e di mare


Larry Ellison è uno degli uomini più ricchi del mondo. Ernesto Bertarelli è uno degli uomini più ricchi del mondo. Sono talmente ricchi che è ininfluente stabilire chi lo sia di più. Larry&Ernesto sono anche appassionati di vela. Non semplici appassionati, tipo un maxi e via. No, sono appassionati di Coppa America. La vogliono (uno, Ernesto, che è nato a Roma e poi ci ha visto lungo e si è svizzerizzato, l'ha anche vinta ben due volte). L&E se le sono date di santa ragione (ok, ragione non è il termine più adatto, è vero) in tribunale, al grido di chi meglio difendeva l'integrità storica del più antico trofeo del mondo (in realtà ciascuno voleva lucrare qualche vantaggio strategico), e ora che alcuni giudici con tanto di toghe e parrucche hanno sentenziato che devono solo fare tre regate veliche, grossomodo a febbraio del prossimo anno, dando a uno dei due una deadline per indicare il luogo, ecco qui che cosa ti scatenano.

Chi pensava che la coppa fosse finita, omologata in grand prix quasi tra monotipi (e pensare che questo scenario è in fondo quello che volevano - a parole - gli stessi due contendenti), priva di quel suo alone di leggenda, si è ritrovato in un kolossal da fare impallidire Hollywood. Prima il trimarano gigantesco, dove i velisti indossano il casco e navigano con il piede sul freno, poi un elicottero sovietico, il più grande del mondo, si alza fra i monti svizzeri di una cittadina chiamata come un pilota della Ferrari e trasporta sotto di se un catamarano ancor più gigantesco (anche se le misure sono le stesse: 90 piedi), e lo deposita sul laghetto di Ginevra, sulle cui acque si affaccia una finestra e dentro una stanza c'è Lei, la Coppa America. Tra le due scene-madri, ecco che a San Diego (nome che a noi fa venire la pelle d'oca pensando a Gardini e al Moro di Venezia) BMW Oracle tira fuori da un capannone una versione 0.2 del suo mostro trimaranico, alleggerito, rastremato, incattivito.

Altro che quelle tre regatine, che rischiano di essere noiosissime se alla fine (probabilissimo) uno dei due mostri sarà più mostro dell'altro. Questa XXXIII America's Cup è di quelle d'altri tempi, con in più tutti i mezzi, la potenza, le tecnologie di questi tempi. E' una Coppa supermediatica. Oltre che gli avvocati e i designer, la stanno giocando - manovrati come joystick da Larry & Ernesto - gli uffici stampa e pr, a colpi di trovate, scoop veri e finti, attese create ad arte, comunicati dal timing studiato nei minimi dettagli. Così nell'ultima settimana di escalation hollywoodiana, Alinghi ha prima messo in giro foto in bianco e nero artistiche dell'artista per antonomasia Carlo Borlenghi, che hanno reso leggendario il capannone industriale di Villeneuve dove tra varie puzze di resine, carbonio e materiali esotici è nato Alinghi 5. Poi ha aperto un (finto) concorso per selezionare quattro curiosi fortunati ai quali dare l'anteprima del defender; poi ha invitato o ha aperto le porte secondo uno schema-senza-schema ai giornalisti e fotografi, che hanno cominciato a rimbalzare descrizioni fantasiose ed eccitate sulla nuova barca (che non è altro che un Formula 18 pantografato, con tutto quello che comporta dal punto di vista degli studi strutturali). Infine ha girato la scena dell'elicottero, già vista per il Decision 35 ma sempre di sicuro effetto. La bottiglia, per inciso, s'è rotta al primo colpo. Speriamo resti l'unica cosa che si romperà. In tutto questo studiato crescendo, gli ammerikani che fanno? tirano fuori dal capanno davanti a Coronado Island il trimarano già testato e rifinito alla seconda release, con quelle due prue così beffardamente somiglianti al supercat delle montagne. Come dire: voi iniziate adesso, noi siamo già alle rifiniture...

Come avrete capito, ci sarà da divertirsi un sacco, alle spalle di chi suonava i rintocchi alla Coppa.

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