venerdì 4 dicembre 2009

Ciao Giorgio mi dispiace tanto perderti

L’ho saputo tardi, l’ho saputo tre giorni dopo. E’ morto Giorgio Casti. Il grande Giorgio, l’amico Giorgio. Il fondatore e direttore di Bolina, più che una rivista, un vero e proprio caso editoriale, una famiglia, una comunità. Giorgio è stato il leader buono di questa larghissima famiglia. Pacato e gentile, ma sempre netto nelle scelte, sia professionali che di vita. Giorgio è morto a 65 anni, troppo presto e strappato al suo mare dalla solita infame malattia, che però non è riuscita a impedirgli di restare fino all’ultimo sul ponte, in piedi, se stesso, faccia al vento.

Giorgio Casti l’ho incontrato la prima volta nel 1985 alla Fiera di Roma: lui aveva uno stand della rivista Bolina. Nuovissima, appena uscita col numero zero, formato piccolino (all’epoca c’era Bateaux in Francia, fatta così), disegni in copertina e anche dentro, tutta bianco e nero. Pochi metri più in là io ero – guarda le storie della vita – in un altro stand, quello della FIV, si proprio la Federazione Italiana Vela, pure nel 1985. Perché nel 1985 io facevo l’ufficio stampa del Comitato IV Zona della FIV, e quell’anno, quegli stessi mesi di Bolina, avevo anch’io registrato in tribunale una rivistina di vela: Fare Vela. Così ci siamo visti sul corridoio davanti al suo stand (anche all’epoca, in fiera lui restava tutto il tempo lì, seduto al suo stand, come al timone in oceano, fermo e rilassato, non sentiva il bisogno di andarsene in giro a saltabellare per il salone). Per qualche minuto, il destino di Bolina e di Fare Vela, appena nate, è stato sul punto di fondersi in una cosa sola. Chissà che rotte sarebbero state, Giorgio. Non se ne fece niente, le due riviste avevano (e hanno) orgoglio e lungavita nel dna.

Giorgio Casti era nato in Sardegna nel 1945 e poi milanese di adozione prima di trasferirsi a Roma, ha lavorato da giovanissimo e subito nell’editoria. Ha fatto il tipografo, l’impaginatore di quotidiani, libri, periodici, poi il grafico e redattore (dal Radiocorriere a La Repubblica e Il Giorno). Il mare era dentro di lui e alla prima occasione se n’è uscito fuori: ha iniziato sulle onde con un gozzo di legno, ma presto è arrivato il richiamo del vento. Prima una barchetta di sette metri, poi il passaggio al mitico Arpege, nove metri che teneva in Liguria nel periodo milanese, e quindi il Dufour 35. Crociere in lungo e in largo. Grandi viaggi e persino l’oceano, con barche di amici. Gli spazi del mare, quel pezzo di atmosfera speciale che c’è tra un’onda salata e una raffica di vento, tra la terra e il cielo, entrano definitivamente nella sua vita, al punto da spingerlo a fondare Bolina.

Bolina oggi è uguale a com’era ventiquattro anni fa.

Basta questo a dire che successo, che trionfo, sia stato questo giornale-comunità. Il capolavoro di Giorgio. Un miracolo del mare. Chiamatelo come volete, ma intanto togliamoci il cappello e inchiniamoci al maestro.
Io su Bolina ci ho scritto tanti articoli. Era bello vederci la mia firma su quel giornalino formato A5 bianco e nero di carta un po’ ruvidina, fra quei disegni al tratto che a volte ti facevano trasalire per la loro capacità di prendere dal cervello alla gola la tua passione per la vela. E’ stato per due tre anni, verso il 1995-1998, quando avevo lasciato la mia Fare Vela e iniziato i lunghi anni della comunicazione per la FIV. Ci vedevamo nella bella redazione a Piazza delle Coppelle, stavamo ore a parlare tra i libri, le idee andavano e venivano che era una bellezza, e io scrissi tante belle inchieste. Lui preciso, serio, puntuale. Una persona come poche. Poi finì ma l’appuntamento con Bolina è ogni mese. Grazie a te Giorgio.

Giorgio Casti andava poco alle conferenze stampa e ai vernissage. Non era tipo da pierre. Era un sardo, concreto, deciso. Sintetico. Modernissimo, per certi aspetti: senza fronzoli, che non fossero quelli del cuore. E così lui, il direttore di Bolina, una rivista-club, è diventato il consulente per la nautica del primo ministro Massimo D’Alema, e l’amicizia c’entra poco. Un governo di sinistra in quegli anni ha fatto tante cose in favore della nautica, magari anche grazie a Giorgio. Sempre lontanissimo da riflettori della ribalta.

E intanto, Giorgio, studiava la sua mossa più bella. Lo scacco matto di una vita.

Decide l’acquisto di una barca per la redazione. Dopo l’esperimento di un catamarano di 10 metri che fa il giro d’Italia e un portolano simpaticissimo, arriva Miranda V. Una barca gloriosa, ex scafo da regata disegno Doug Peterson in alluminio, un Impala 40, lungo 12 metri e mezzo. E per festeggiare i dieci anni di vita di Bolina, progetta un giro del mondo in barca a vela. In tanti progettiamo sogni: Gorgio lo realizza. Nel novembre del 1994 parte da Riva di Traiano, 80 km dalla redazione, con prua sulle Baleari. Farà diecimila miglia, fino a Tahiti, solo per la prima metà del viaggio. Un viaggio-vita, fatto di nuovi orizzonti, avventure, incontri, paesaggi, isole tropicali, lunghe navigazioni, esperienze di mare e di terra, sempre raccontate sulle pagine di Bolina e poi sul sito web. "Sono sempre di più le persone che abbandonano la routine per viaggiare in mare - dice Giorgio in una intervista a Repubblica - quando si mollano gli ormeggi il panorama si trasforma e, alla fine, si cambia anche dentro”. 1994-1997 Italia-Panama-Tuamotu. 1998 Polinesia, danni alla barca per un Tornado. 1999-2001 Polinesia-Nuova Zelanda. 2002 il ritorno in Italia.

Intorno a Bolina cresce una intensa attività editoriale che culmina con le pubblicazioni di Bernard Moitessier, uno dei miti storici della vela. Come Bernard, Giorgio deve fronteggiare un nemico subdolo più degli uomini e delle tempeste, che lo prende da dentro. Combatte, vince delle battaglie, resta al timone. Consegna Bolina nel 2005 ad Alberto, il figlio cresciuto intessuto degli stessi valori e degli stessi interessi: mare, grandi viaggi in oceano, lavoro editoriale. L’amore è anche continuità. Giorgio, resta a combattere, il suo timone contro l’onda malefica. Con onore, con pazienza, con la sua storia a tenergli compagnia, fino all’ultimo. Ciao Giorgio mi dispiace tanto perderti.

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