lunedì 8 giugno 2009
4. La Preparazione Olimpica
Che la preparazione della squadra azzurra della vela ai Giochi Olimpici sia il “core business” dell’attività federale, anche per le sue conseguenze significative verso l’esterno e nei confronti del CONI, principale riferimento politico-finanziario della federazione, è fuori di dubbio. La preparazione olimpica è stata storicamente il “terreno” di azione diretta del presidente federale: è stato così nel ventennio di Gaibisso, ed è così anche per Carlo Croce. Con una differenza, che va ricordata anche se non enfatizzata: Sergio Gaibisso ben prima di diventare presidente FIV si era sempre occupato di Olimpiadi, iniziando su incarico di Beppe Croce e approfondendo la “specializzazione” fino a farne una sorta di scelta di vita. La gestione della preparazione olimpica in quasi 30 anni da parte di Gaibisso è costellata di episodi che ne evidenziano i contorni molto “personali”. Solo per restare all’ultimo quindicennio, basterà ricordare un paio di casi: 1) come Gaibisso andò a convincere la diciottenne Alessandra Sensini (ormai votata al circuito professionale, edonistico e finanziariamente allettante) del windsurf, a scegliere la tavola olimpica; come il rapporto tra i due si sia approfondito fino stabilire una sorta di “parentela” sportiva e umana (lo dimostrano il recente appoggio dell’ex presidente alla candidatura politica della Sensini, e soprattutto l’idea della vicepresidenza federale, suggerita a Croce). 2) Come Gaibisso ha gestito la storia “italiana” dell’oriundo laserista Diego Romero. Due vicende che – forse non a caso – hanno portato in dote il risultato olimpico. Di casi del genere ve ne sono molti altri (su tutti l’ingaggio del mitico Valentin Mankin, voluto anche per aiutare la sua famiglia dopo il disastro di Chernobyl), non necessariamente a lieto fine come i due ricordati ma sempre a evidenziare l’approccio personale gaibissiano all’Olimpiade, considerato che nel 1976 (Montreal-Kingston), 1980 (Mosca-Tallin), 1984 (Los Angeles-Long Beach) e 1988 (Seul-Pusan), sotto le presidenze Beppe Croce e Carlo Rolandi, Gaibisso è stato Capo gruppo della spedizione olimpica, e in seguito dal 1989 è diventato presidente federale.
(Kingston, Olimpiadi di Montreal 1976: il capo gruppo Sergio Gaibisso e la squadra, nella quale si riconosce Carlo Croce: avete capito chi è? Scrivetecelo con un commento a questo post... - Dal sito FIV Speciale 80 anni FIV - clicca per ingrandire)
E Carlo Croce? La sua storia è da atleta olimpico: lo è stato due volte (1972: Monaco-Kiel, e 1976 Montreal-Kinsgton), nel secondo caso con Gaibisso capo gruppo, e spesso in concorrenza per la selezione con Carlo Massone (che lo precedette alle Olimpiadi del 1968 Maxico-Acapulco). Poi le sue scelte sono state altre, nella vita e nella dirigenza sportiva e velica. Oggi raccoglie un’eredità che viene da lontano, una storia lunga di uomini (dirigenti, atleti e tecnici) e mezzi, di progresso e di crescita collettiva. Di sconfitte e successi, che insieme portano a un quadro finale della “vela italiana alle Olimpiadi”, non solo basato sulla storia e sul medagliere, che pone il nostro paese tra i 6-7 leader nel mondo. Cosa succede e cosa succederà alla preparazione olimpica della Nuova FIV?
I primi segnali, messi in luce dalla presentazione del 15 marzo a Ostia, ci propongono il più eclatante esempio di “marketing del cambiamento” (o cambiamento di facciata, non reale): presentata come grande novità la preparazione olimpica verso Londra 2012 è la fotocopia di quella che ha portato (bene) a Pechino 2008, sia negli uomini che nei programmi. Essendo materia del Presidente, un filo di sudore freddo scorre sulla schiena: di sicuro Croce ha delegato, ha dato pieno mandato ai suoi Direttori Tecnici (due uomini dell’era Gaibisso), ma le sue scelte sono improntate all’attendismo: contratti di un anno, atleti sotto osservazione, risorse diminuite (a cominciare dall’azzeramento dei premi, che forse torneranno nel 2010). Non crediamo possa esserci qualche frutto dei consigli dei “saggi” del neo-presidente, anche considerando che due su tre di essi non hanno mai partecipato alle Olimpiadi, mentre il terzo, Enrico Chieffi, è stato olimpico due volte, senza medaglie ma è l’unico italiano nella storia ad aver vinto due Mondiali su diverse classi olimpiche (470 nel 1986 e Star nel 1996). Piuttosto l’impressione generale è quella di una eccessiva rigidità, concepita visceralmente come risposta alle gestioni precedenti etichettate come poco trasparenti e prive di fair-play. Come su altri temi (vedremo il caso della Vela Under 16) non si sfugge alla sensazione che la Nuova FIV sia incline a distillare “dogmi” e precetti preconfezionati, piuttosto che a costruire progetti basati sul dialogo con tutte le parti interessate. Il risultato è qualche nervosismo di troppo anche con alcuni atleti di vertice, tra quelli per intenderci sui quali fare sicuro affidamento per Weymouth. Senza considerare che anche qui la trasparenza lascia a desiderare: brucia ancora il gesto inelegante di portare il piano della preparazione olimpica alla delibera del Consiglio Federale solo il giorno prima della conferenza stampa fissata da 20 giorni. Non si addice a chi non voleva un Consiglio “bulgaro”.
In conclusione, dopo 200 giorni la preparazione olimpica della Nuova FIV è un cantiere aperto, dove i lavori sono “molto” in corso. Facile immaginare che questa temporaneità e precarietà, almeno nel primo anno del quadriennio, non giovi a molti atleti, e ancor più ovvio che disturbi molti tecnici, oggi pagati a giornata e con prospettiva annuale. Anche sul “core business” FIV si è deciso di calare il jolly dell’”anno di prova”, con un carico di rischi notevole. Con la stagione ben avviata e con ottimi risultati degli azzurri, vediamo qualche dettaglio tra classi e atleti.
Nell’acrobatico 49er, Pietro e Gianfranco Sibello sembrano dei supereroi miracolati: riemergono dalla batosta psicologica di Qingdao con una forza quasi spirituale, e si trovano bene con il nuovo rig più potente. Ora come ora, sono nettamente i primi al mondo. Tanta energia va gestita pensando ovviamente alla discesa, gli ultimi due anni del quadriennio verso Weymouth, quando nuovi e vecchi avversari si riaffacceranno. Luca De Pedrini è l’uomo giusto per questa missione. I tre liguri sono una miscela sulla quale costruire sogni. E dietro di loro la classe è cresciuta, tanti giovani e tanto interesse, compreso quello degli ex-tornadisti Francesco Marcolini e Edoardo Bianchi. Come i Sibello emersero dall’anonimato all’ombra dei fratelli Francesco e Gabriele Bruni, così Giuseppe Angilella e Pietro Zucchetti sono già arrivati in zona medal-race, tra i top ten in circolazione, materia su cui plasmare il futuro.
(Nell'immagine di inizio paragrafo: Luca De Pedrini, tecnico supervincente con Alessandra Sensini, a un passo dalla medaglia con i Sibello, oggi DT azzurro con Paolo Ghione)
La regina Star potrebbe ripartire dal gran lavoro dell’ex laserista Diego Negri, cresciuto in un solo quadriennio fino a diventare vice-campione del mondo nel 2008. Ma l’anno sabbatico ha colpito anche qui: Diego è stato lasciato da solo a gestirsi il complicato cambio di prodiere dopo l’addio definitivo di Luigi Viale, stretto tra due nomi come Luca Devoti (che l’ha accompagnato nella prima parte della stagione seguendo un previsto programma di raccolta informazioni tecniche per sviluppare le nuove Star di Lillia) e Nando Colaninno (che sarebbe perfetto per ragioni tecniche e politiche, ma senza certezze su un programma federale ha preso le distanze e individuato altre strade). Per il tecnico si parla di un giovane che lo YCI ha messo a lavorare con Alberto Barovier. In estate europeo e mondiale in tono minore in Germania e Svizzera, sperando che nel 2010 cambi qualcosa: gli staristi sono atleti in odore di professionismo e si fa presto a perderli.
Discorso simile tra 470 maschile e femminile: in entrambi i casi ci sono equipaggi di vertice molto forti alle prese con problemini legati a scelte di classe (e di vita) e cambi di prodiere. Gabrio Zandonà ha abbandonato il lungo (positivo e burrascoso) sodalizio con Andrea Trani, e alterna a prua il giovane concittadino Edoardo Mancinelli Scotti (ultimo prodotto del vivaio di Anzio, poi essiccato, e campione europeo 420), e l’esperto Francesco Della Torre (con troppi impegni di lavoro e di famiglia). Oltre a questo c’è da ritrovare la voglia, dopo quasi 10 anni di rincorsa olimpica, e anche l’umiltà di mettersi a confronto con i giovani rampanti (che non mancano anche se restano acerbi: Fabio Zeni e Nicola Pitanti, i cugini Luca e Roberto Dubbini, i triestini Simon Kosuta e Jas Farneti…). Come se non bastasse è arrivato a ingarbugliare le acque Paolo Cian, superspecialista di match race, che in un singolare equipaggio Finanza-Marina ha scelto proprio Trani per tentare un clamoroso assalto all’Olimpiade che vide sfumare nel 2000 in Soling, nonostante un bronzo al mondiale).
Giulia Conti ha ritrovato Giovanna Micol laureata ma ancora poca voglia (essenziale per un caratterino come il suo) di tornare a ringhiare. E il match race femminile olimpico resta un richiamo irresistibile. Ci sarà da lavorare per partire con un programma stabile. Ma Guglielmo Vatteroni può essere l’uomo (d’ordine) giusto al posto giusto.
Le tavole sembrano godere di una salute generale, come l’onda lunga di un lavoro programmato e ben condotto a partire dai giovani (e alla faccia della multilateralità…), impressione in fondo confermata dalla supercarriera del tecnico Paolo Ghione, che proprio dagli ottimi risultati con i baby-surfisti è passato a guidare Madame Sensini e quindi alla con direzione tecnica dell’intera squadra, unico titolare con Luca De Pedrini di uno strameritato contratto quadriennale. Le eredi di Alessandra sono già all’ultimo sangue: Flavia Tartaglini ha tirato fuori le unghie e rifiuta il ruolo di vittima predestinata stritolata tra l’immensa Sensini e l’emergente talento Linares. E Laura, per l’appunto, ai primi bordi con le atlete maggiori, mostra già maturità e denti aguzzi. Con queste due ci sarà da divertirsi. Per non parlare di cosa accadrebbe se la vicepresidente dovesse fallire l’elezione a parlamentare europea e avesse nuove voglie di selezione… Tra i maschi Fabian Heidegger ha bisogno di regole e continuità, nel suo caso forse l’assenza di un vero rivale in casa (ancora lontani i vari Federico Esposito, Riccardo Belli Dell’Isca, Manfredi Misuraca, Davide La Vela e Marcantonio Baglione) può essere un freno allo sviluppo, che occorrerà cercare all’estero.
Resta da dire dei singoli. Sul Finn mezza pausa per Giorgio Poggi che non deve cadere nell’errore di sentirsi già a Londra, soliti sforzi per Riccardo Cordovani e occhi puntati sull’ex laserista anconetano Filippo Baldassari, prime regate autorevoli. Nei Laser inquietante la vicenda Diego Romero, gestita poco o male col rischio di perdere per strada il bronzo di Qingdao, l’idea di un altro quadriennio di sfide tra Giacomo Bottoli e Michele Regolo non piace a nessuno, e per fortuna ci sono in agguato giovanotti (o meno) a mischiare le carte: Marco Gallo, Uberto Crivelli Visconti e i giovanissimi Luca Nassini, Pietro Cerni, Andrea Crollalanza, Boris Bignoli… Tra la ragazze del radial Francesca Clapcich è l’erede (anche in Aeronautica) di Larissa Nevierov (la quale sogna di diventare la sua allenatrice: perché non accontentarla?), non manca di spunti anche internazionali, e comincia ad avere qualche bocconcino indigesto anche in casa, soprattutto (buon segno) giovanissime come Laura Casentino, Elisabetta Macchini, Laura Marimon.
Match Race femminile: tutto da inventare, e con poca materia prima. Tornado: l’Italia è sbarcata da tempo dal catamarano, e se ad agosto tornasse olimpico sarebbe un bel rebus, risolvibile subito col ritorno di Marcolini-Bianchi dalla parentesi in 49er, ma senza giovani ricambi.
Due parole sullo staff tecnico. Sabbatico anch’esso: senza dottore, preparatore atletico, fisioterapista (a mezzo servizio), psicologo, meteorologo… Per l’annunciato grande manager si dovrà attendere ancora. Sul sito FIV c’è da mesi un modulo da riempire per una selezione non meglio identificata al ruolo di tecnico federale. Vedremo cosa ne scaturirà: noi sentiamo in giro allenatori piuttosto sfiduciati o preoccupati. Si tratta di professionisti ma spesso non trattati come tali. Si dice che per le tavole sia in arrivo un coach straniero… Il precariato non puo’ durare, speriamo che presto si delinei uno staff e un modo di lavorare uniforme. I due DT sono indiscutibili e il mondo (giustamente) ce li invidia, ma proprio per questo vanno prima di tutto tutelati: non si può chiedere loro, allo stesso tempo, di pensare a Londra 2012 e progettare la rivoluzione nel modo di formare e reclutare i giovani dalle scuole di vela fino alle classi olimpiche del futuro. E c’è sempre da trovare un ruolo a un certo Valentin Mankin…
(Nell'immagine: da destra Paolo Ghione (DT azzurro 2009-2012 con Luca De Pedrini), Marco Superina, Egon Vigna, Angelo Glisoni - clicca per ingrandire)
(4/segue – Prossimo capitolo: 5/La vela Giovanile)
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