mercoledì 13 gennaio 2010
Mutuo Dissenso
Dopo la fumata nera di ieri, a Singapore riprendono a parlarsi Alinghi e BMW Oracle. Ma con una novità: il team USA ha presentato una nuova causa alla Corte Suprema di New York, contestando le vele del catamarano svizzero, che non sono costruite nel paese del club detentore, come previsto dal Deed of Gift. La contestazione era già stata resa nota da BOR in una lettera ad Alinghi, ma sembrava che la questione potesse essere oggetto di discussione e di accordi, e il meeting di Singapore avrebbe dovuto servire a questo. Oracle ha offerto una moratoria sulle liti in cambio del mutuo consenso a rinviare di alcune settimane il match. Gli svizzeri dicono che gli americani vogliono solo prendere tempo, perchè sono in ritardo nella messa a punto della supervela ad ala rigida. Ma la posizione di BMW Oracle, a questo punto, è irremovibile, e si basa - per l'ennesima volta - su una interpretazione dell'unico documento che conta in questa edizione del trofeo più antico dello sport: l'Atto di Donazione scritto nel 1852 e consegnato al New York Yacht Club nel 1857. Se la prossima Coppamerica si deve correre secondo queste regole, per quale ragione Alinghi può aggirarle? Stamattina un potente intervento di Russell Coutts lo ha sottolineato: "Ci spiace che non si riesca a trovare un accordo. La norma sul costructed-in-country non è una questione ipotetica, ma fondamentale. Senza mutuo consenso tra le parti e in assenza di altre regole, Alinghi non può costruire le vele negli USA e dichiarare che sono swiss-made. Speriamo che la Corte si pronunci entro la data stabilita per il match, l'8 febbraio."
Ricapitoliamo lo scenario, ricordando che tutto ha origine dall'errore di Alinghi (ammesso dallo stesso Ernesto Bertarelli) di creare un challenger of record "fantoccio" con un nuovo club velico spagnolo, e un Protocollo troppo favorevole per il defender. Oggi dopo due anni e mezzo di cause giudiziarie, comunicati-bomba, confronti verbali animati e sentenze della Corte Suprema di New York, defender e challenger della 33ma America's Cup hanno entrambi le "barche" pronte per la regata, fissata tra 26 giorni, sul luogo della regata, Valencia, Spagna. Le barche, i team, le basi, la Giuria, la Istruzioni di regata, tutto è pronto. Nelle altre coppe, a 26 giorni dal match che vale la storia l'attesa è una marea montante. Non fa eccezione la coppa in arrivo: il risultato delle litigation e dei puntigliosi rinvii alla lettera del Deed of Gift è sotto gli occhi di tutti. Due fantascientifici multiscafi a vela, esagerati, sconosciuti persino agli stessi creatori, ciascuna ricca di trovate estremamente innovative, macchine che sembrano frutto della fantasia di Jules Verne, pronte per una Odissea sul mare.
Per sentire lo sparo del Comitato di Regata di un match del genere, con questa storia alle spalle, non si può non tenere conto di tutti gli aspetti, anche quelli nuovi, che emergono i questi giorni e magari emergeranno nei prossimi. Tutto, proprio tutto, deve essere a posto, appianato, oggetto di accordo sicuro, prima delle regate. Impensabile far sfidare i due mostri (che sono anche un pochino pericolosi per i velisti che ci navigano) per ottenere un risultato in acqua che rischia poi di essere cambiato a terra dalle decisioni della Giuria. Questo è - veramente - ciò che non vuole la comunità della vela.
Come ogni sport, e per certi versi più di altri, la vela è prima di tutto rispetto delle regole, fair rules, persino solidarietà con l'avversario in base alle regole non scritte della marineria. Tutto è pronto a Valencia ma niente è veramente pronto, finchè ogni regola non è messa in chiaro. Il mutuo consenso cercato a Singapore non è arrivato. Le novità non mancheranno nelle prossime ore, e vedrete che anche Alinghi ha pronte le sue contromosse legali. L'8 febbraio è seriamente in dubbio, ma non è detto. La parola è nuovamente a New York. Può sembrare paradossale, ma secondo me è giusto così.
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