lunedì 15 marzo 2010

Quale dei due Carlo Croce vuole essere, presidente?



Poco più di una settimana fa, a Piazza Affari nel cuore pulsante della city milanese, lo Yacht Club Italiano ha presentato la sua stagione velica 2010. Il multipresidente Carlo Croce (YCI, FIV, ITALIA70, per citare le principali) ha riunito un parterre-de-roi senza pari in Europa e forse nel mondo, per quanto riguarda lo yachting, anche se l’ospite più atteso, John Elkann, alla fine ha dato forfait. Da Marco Tronchetti Provera a Luca Bassani Antivari, da Carlo Puri Negri a Roberto Mottola di Amato (il doppio cognome è un must), quest’ultimo – come del resto Riccardo Bonadeo – a rappresentare Club gemellati o amici. E ancora Gian Riccardo Marini (qui siamo passati al doppio nome, ma fa lo stesso), DG di Rolex Italia (ma per Rolex è intervenuto anche il gran capo internazionale dello sponsoring), Richard Girardot, Chief Executive Officer di Nestlé Nespresso S.A. (new entry tra gli sponsor come vedremo), Giano Oliosi di BMW. Naturalmente, ben dissimulati nella vasta platea, alcuni dei 1200 soci YCI. Tanti altri, impossibile ricordarli tutti, con gli Zendrini, gli Isenburg, i Franchella, i Loffredo, i Tomasina, i Sestini (SIAD), il fedele Matteo Bruzzo, i Mosci. C’erano anche i due vicepresidenti internazionali della vela italiana: Alberto Predieri vicepresidente ISAF (la federvela mondiale), e il fratello Marco vicepresidente Eurosaf (l’organismo delle federvele europee), unico velista Francesco De Angelis. C’era anche Anita Garibaldi, la pronipote dell’eroe dei due mondi, in una sgargiante ed evocativa giubba rossa. Parecchi giornalisti (non tantissimi, anche per i media il target era la qualità più che la quantità), tanti uffici stampa (veri, presunti, a caccia), la consueta dose di curiosi e pensionati (l’età media si allunga ovunque e la vela non fa eccezione, anzi). Sala gremita, maxi schermo che all’occorrenza si fa in tre, palco con due leggii distanti dieci metri. E lui, il multipresidente, a coordinare, sciorinare, presentare, dare e togliere la parola, tenere il ritmo, sempre con toni bassissimi, limando i superlativi, cercando di appannare tutto quel luccichio struggente che ubriacava tutti: le regate più ricche del mondo, le barche più belle del mondo, i posti più ambiti del mondo. Impresa impossibile: l’understatement è risultato stonato, come i rumori di inforchettamenti che hanno tintinnato a lungo, dal primo piano, durante il buffet che è seguito.

Lo Yacht Club Italiano, dice il comunicato in cartella, è “il più antico club velico del Mediterraneo: fondato a Genova nel 1879. (...) è ancora custode di una tradizione e di uno stile unici, il segno di identità di un tempio dello yachting che oggi ha spalancato le porte a giovani, allievi e cadetti, ma non dimentica il suo lungo passato”. La cartella contiene i Bandi delle Regate 2010, quella del 131° anno di vita del club. Questi bandi, come ben sanno i dirigenti di almeno trecento circoli velici nazionali che ogni anno faticosamente mettono insieme i pezzi e organizzano regate, sono un po’ lo specchio dei loro eventi. Quelli dello YCI sono belli da togliere il fiato: patinati, lucidi, grafiche curatissime, fotografie da mostra (infatti alcune sono giustamente incorniciate), vere e proprie opere d’arte intitolate alla vela nel nome di una “regata”. Regate Pirelli 2010 41° Coppa Carlo Negri con i bianco e nero artistici di Borlenghi; Portofino Rolex Trophy 2010, con una grammatura senza risparmi, una selezione di immagini da rivista, molte in doppia pagina al vivo, come la notturna della piazzetta tra luci e persino odori, o i dettagli deliziosi, dalle feste a terra alle bitte d’epoca, fino a un trionfo di gabbiani festosi che volano in primo piano lasciando lo sfondo a un imperiale armo aurico sotto a un nuvolone nero; Giraglia Rolex Cup 2010, stessa grammatura e lunga sfogliata tra schizzi sulle prue di Maxi in regata, tramonti sullo scoglio famoso, campanili del centro storico di St. Tropez, fuochi d’artificio e premiazioni in doppiopetto; solo apparentemente più piccolo (nel formato) il bando del Trofeo Siad Bombola d’oro (Dinghy), con copertina ad ante apribili, foto storiche seppiate e il certificato di stazza del Dinghy I-1, del Marchese Emilio Reggio. Spartani, ma solo per motivi di tempo, i Bandi del Gran Premio d’Italia Mini 650, della Garibaldi Tall Ship regatta 2010, e della Millevele, così come quello del Campionato del Mondo Classe X-35, che lo YCI co-organizza in consueta trasferta tirrenica-toscana, a Scarlino. Ma si torna presto sui livelli di alta tipografia, concludendo con la “brochure” (si fa per dire) dedicata alla Fondazione “Tender To Nave Italia” Onlus (“La cultura del mare al servizio del sociale”) che oltre alla grammatura presenta anche le foto stampate a lucido, come si conviene al rango di un brigantino di 61 metri, confezionato su misura da Besanopoli (lo stesso delle grafiche per la Nuova FIV).

Non dimentichiamoci Nespresso: più che un bando, una cartella e una presentazione video accurata degna di una new entry: una regata-raduno di tutti i Wally, ovvero gli yacht più belli, originali, tecnologici, sorprendenti, che animano gli oceani di mezzo mondo. Tutti riuniti nella Nespresso Cup a Portofino. Chi altri può permettersi tutto questo, se non lo Yacht Club che annovera tra i suoi soci Luca Bassani “Wally” Antivari?

Se poi volete un overloook più generale all’oggi dello YCI, a quello che questo club storico è diventato e muove e rappresenta in avvio del terzo millennio, non avete che da sfogliare il pesante Magazine2009 Yacht Club Italiano, che passa con eleganza e leggerezza dal Board of Directors del club, alle regate (organizzate o corse o vinte dai soci), alla scuola vela, al “back stage” dei protagonisti nascosti, alle cene di Natale o al BBQ estivo nella scenografia “volutamente informale ma al contempo elegante” dei piazzali del club, al racconto del mese di Alinghi 5 a Genova, alla BMW Match Race Academy, alla Nave Italia, alla Stai, alla nuova creazione sorta all’ombra del guidone biancorosso: l’Unione Attività Marinare. Una entità che riunisce alcune associazioni no profit con l’obiettivo di valorizzare le arti marinaresche, nella conservazione della tradizione... Se vi gira la testa vuol dire che avete sfarfallato troppo velocemente le novantotto pagine da 200 grammi stampate su carta ecologica Freelife da Grafiche G7. Tornate al via e riprovate.

Lo Yacht Club Italiano è inimitabile, è un monumento che però si muove ed è capace di riproporsi sempre, grazie a radici profonde, risorse (umane, familiari, economiche, finanziarie) che sgorgano come una fonte d’acqua fresca e si rinnovano costantemente, anche per il lavoro dei custodi del tempio, che evitano le fughe, rinsaldano le fila, offrono sempre una casa alla quale è impossibile girare le spalle. Lo YCI, è stato detto non a torto, è anche il salotto dello yachting, il luogo dove osare, e realizzare l’irrealizzabile, è un’emozione semplice e quotidiana. Lo Yacht Club Italiano è un patrimonio di tutta la nostra vela, perché ne è la base storica, e come abbiamo appena visto ne è anche una cospicua fetta di presente.

Eppure, lo Yacht Club Italiano non è “tutta” la nostra vela. Se per budget e poteri che è in grado di smuovere, lo YCI potrebbe “contenere” dentro di se la stessa “povera” Federazione Italiana Vela (che del resto, dentro quei saloni è nata), lo sviluppo moderno dello sport, della disciplina, del movimento velico in Italia è tale da rendere impensabile questa fusione per incorporazione. C'è un tessuto di valori, storie e uomini, da Trieste alla Sicilia, che ha trama forte, indistruttibile. Che va al di là (fisicamente al di là, cioè "oltre") della grammatura di un Bando di Regata, o delle poltrone in pelle e del parquet scricchiolante. E’ una riflessione non secondaria, nel guado di mezzo quadriennio, con la Nuova FIV che una rivoluzioncina d’ottobre ha consegnato nelle mani del multipresidente. Anche Carlo Croce, come lo YCI, è a sua volta un patrimonio della vela italiana. Un valore aggiunto. Ha storia, volontà, carattere, salotti, e qualche idea, per essere un ottimo presidente e raccogliere l’eredità del ventennio di un certo Sergio Gaibisso (uno che senza bisogno di pedigree che non fosse il campo, e la benedizione di Beppe Croce, si è caricato la FIV sulle spalle e l’ha portata ai nostri giorni in piena salute). Che abbia successo è interesse di tutti.

Per questo, è importante che il multipresidente Carlo Croce comprenda fino in fondo che il ruolo da assolvere alla guida della FIV è molto diverso, e culturalmente distante, da quello magistralmente ricoperto in questi anni del risorgimento dello YCI. Il doppio ruolo, comprensibilissimo sul piano umano e affettivo, e persino autorizzato dalle deroghe ai regolamenti CONI (attivate?), semplicemente non può realizzarsi nella pratica. Ragioni geometriche, di matematica e prospettiva, più ancora che di opportunità e politica, lo impediscono. Lo YCI, e Carlo Croce, sono un patrimonio. La FIV, e Carlo Croce, sono tutta la nostra vela. Quali dei due Carlo Croce vuole essere, presidente?

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