COME E PERCHE' IL PIU' GRANDE SPETTACOLO NELLA STORIA DELLA VELA POTREBBE TRASFORMARSI IN UNA NOIA MORTALE
Ore 10 calma piatta. Oltre che un film (il solito tormentone-thriller su una barca a vela, ma almeno c'era Nicole Kidman), potrebbe diventare un remake tra poche ore. A Valencia in un lunedi mattina invernale lavorativo come tanti, uggioso di nubi basse, con un venticello da terra, si, appena sufficiente per le temibilissime (dai loro stessi progettisti e velisti) macchine capaci di triplicare la velocità del vento, ma pur sempre un venticello per il 97% dei velisti del mondo. Sette otto nodi. Hai capito...! Va bene, ore 9,00-9,30, l'ora si avvicina, superiamo di slancio i dubbi sul vento, entrano i dinosauri, anzi i multidinosauri. Smitragliano gli elicotteri, si sgolano decine di telecronisti in diretta, pontificano trentine di commentatori (gran parte dei quali velisti rimasti a terra per questo giro), girano gli ultimi spot, smanettano sul mouse molti impiegati annoiati... E' pur sempre l'America's Cup, cribbio!
Ed è qui che avviene il misfatto. SuperTri e MegaCat si avvicinano, si annusano, si evitano, partono e vanno da due parti opposte, o quasi, impossibile vederli vicini, confrontarne le velocità (Virtual-Eye a parte), poi uno vira la prima boa, l'altro arriva dopo i fuochi, e in un batter d'occhio lo spettacolo più grande si trasforma in un incubo. Due ore e mezza senza pathos, con vantaggi e lontananze imbarazzanti, inspiegabili, nel senso che neanche Paul Cayard su Europsort riesce a spiegare, a giustificare. Uno vince con lunghi minuti di distacco, e - clamoroso - senza neanche lasciar capire se si è trattato della velocità o della scelta del bordeggio. Arrivederci a dopodomani, un mercoledi mattina invernale lavorativo e, si, uggioso pure lui. E se succedesse la stessa cosa anche per la seconda regata? Unica speranza: che almeno vinca l'altro. Così almeno ci resterebbe lo spareggio. Un venerdi mattina invernale lavorativo e, chissà, con un raggio di sole.
domenica 7 febbraio 2010
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